La Storia

Circa le origini del paese, il documento conosciuto più antico che cita il nome di Parella risale al 1001, ma il paese come raggruppamento di case e comunità di persone è nato sicuramente prima; quando non si sa. Certamente dopo che i ghiacciai alpini, scendendo a valle, costruirono il meraviglioso anfiteatro morenico di Ivrea, di cui la collina di Parella fa parte. E poiché a San Giovanni sono stati trovati resti di palafitte nessuno ci può impedire di pensare che anche qui, dove ora c’è Parella, fosse sorto un insediamento palafitticolo, favorito dalla posizione geografica della collina orientata in modo da proteggere dai venti freddi del nord. E’ un esercizio di immaginazione ma, come afferma lo storico Jacques Le Goff, “senza documenti non si fa storia ma senza la forza dell’immaginazione abbiamo solo dei documenti”. Da tempo antico i cinque paesi di Colleretto, Loranzè, Parella, Quagliuzzo e Strambinello fecero parte di una entità amministrativa e giurisdizionale portante il nome di Pedaneæ già menzionato in un documento del 955.

A quei tempi (i tempi di re Arduino) e per alcuni secoli successivi aveva giurisdizione su tutta la zona il vescovo di Ivrea, dal quale si recavano i vari feudatari locali a ricevere la conferma dell’investitura e a prestare giuramento di fedeltà. L’anno 1356 segnò la definitiva sottomissione di Ivrea al potere dei Savoia. Titolari del feudo di Parella e dintorni furono i conti San Martino di Parella a partire dal sec. XIII sino ad Alessio III morto senza figli nel 1801. Tuttavia la sudditanza verso i feudatari andò via via attenuandosi; ricordiamo alcune tappe di questo percorso di emancipazione dall’oppressione nobiliare:

  • La sommossa popolare spontanea del 1386-1390 che va sotto il nome di “Tuchinaggio”, durante la quale furono distrutti alcuni castelli (forse anche il castello vecchio di Parella, ma non si hanno certezze) e che si concluse con la convenzione del 2 maggio 1391 fra i nobili e i rappresentanti delle comunità.
  • Gli Statuti del 1395 e 1420 stipulati fra le comunità di Loranzè, Parella e Colleretto, che stabilivano regole certe, anche se in parte imposte, non soggette ai capricci dei signori.
  • I Bandi campestri del 1729, emanati congiuntamente dai San Martino di Parella e dai San Martino di Loranzè per le comunità di Loranzè, Parella e Colleretto, ma contestati e fatti in parte rettificare dalle tre comunità.
  • I Bandi campestri del 1797 e 1816, emanati dalle suddette tre comunità contro l’opposizione dei feudatari.

Storicamente Parella seguì le sorti di casa Savoia e partecipò a tutte le sue traversie: ne ricordiamo alcune, in cui il popolo parellese fu direttamente coinvolto e di cui abbiamo testimonianze particolari nei documenti d’archivio:

  • La guerra civile tra principisti e madamisti (1639-1642), quando le truppe del principe Tommaso scorrazzarono a loro piacimento per le nostre terre imponendo tributi e prestazioni di ogni genere, in modo particolare in occasione dell’assedio di Ivrea (12 aprile-16 maggio 1641) da parte delle truppe francesi, con l’imposizione di pagamenti in denaro e di prestazioni di manodopera, di requisizioni di derrate per gli uomini e per i cavalli. Di queste peripezie esiste un ampio articolo documentato  Le vicissitudini di una piccola comunità canavesana ai tempi della guerra civile tra madamisti e principisti (1639-1642) nel Bollettino A.S.A.C. del 2002.
  • L’assedio di Ivrea del 1704 da parte delle truppe francesi nell’ambito della lunga guerra (1700-1713) per la successione al trono di Spagna alla morte del re Carlo II di Asburgo: in questa occasione il marchese Carlo Emilio San Martino di Parella emise il proclama: “…ordiniamo alle comunità … di inviare a questo luogo tutta la quantità d’uomini armati di fucili che loro sarà possibile, ed in difetto di fucili si muniranno di falci, ossia “ranze” manicate al rovescio, con pistole e falcetti”.

Negli anni susseguenti alla Rivoluzione francese del 1789, nell’aprile 1792 il Piemonte si alleò con l’Austria e la Prussia per combattere contro le armate rivoluzionarie francesi: furono anni di battaglie e di sconfitte finché l’8 dicembre 1798 il re Carlo Emanuele IV lasciò Torino e si rifugiò in Sardegna sotto la protezione della flotta inglese.

L’11 settembre 1800 il Piemonte venne annesso alla Francia, di cui divenne una provincia a tutti gli effetti, e venne diviso in sei dipartimenti: Ivrea divenne la capitale del Dipartimento della Dora, che comprendeva il Canavese e la Valle d’Aosta, e ad Ivrea risiedeva il Prefetto, naturalmente un francese inviato da Parigi, dotato di estesi poteri. Abbiamo parecchi documenti d’archivio relativi al nuovo clima che si instaurò nei nostri paesi: sulla punta delle baionette arrivò la ventata innovatrice della Rivoluzione francese, con i grandi ideali riassunti nel magico slogan «Liberté Egalité Fraternité». Anche a Parella, già nel gennaio 1799 venne eretto sulla pubblica piazza l’albero della libertà; ma generalmente la libertà consisteva nel fare quello che imponevano i nuovi padroni.

La popolazione di Parella deve aver vissuto quel periodo in modo forzatamente molto partecipativo dati i notevoli cambiamenti: l’amministrazione comunale, con il maire e l’adjoint in luogo del sindaco e del vicesindaco, nominata dal prefetto;

  • l’instaurazione del nuovo calendario repubblicano;
  • l’imposizione della lingua francese negli atti ufficiali, del franco in luogo della lira, delle leggi e della burocrazia francesi;
  • il nuovo catasto con la variazione dei confini con Colleretto;
  • la minaccia dell’annullamento della parrocchia di Parella seguita dalla concessione della costruzione della nuova chiesa;
  • fu istituita la coscrizione militare obbligatoria ma non ci sono documenti sui giovani parellesi ingoiati dalla macchina bellica di Napoleone.

Finalmente il 5 maggio 1814 i Francesi lasciarono Ivrea.

Le Guerre

Le guerre di “indipendenza” del 1848, 1859 e 1866, la guerra di Libia, la “Grande Guerra” (1915-1918) per le quali Parella pagò il suo contributo in uomini, soldi e sofferenze. Non abbiamo notizie del coinvolgimento dei parellesi nelle tre guerre chiamate “di indipendenza”, mentre sappiamo del sergente Antonio Garda di Colleretto “caduto da forte combattendo per l’unità e per l’indipendenza della patria il 24 giugno 1859 a San Martino”, come recita la lapide posta a suo ricordo sulla facciata della vecchia casa comunale di Colleretto Giacosa. Nella guerra italo-turca, nota come guerra o campagna di Libia, combattuta tra le forze dell’Italia e dell’Impero Ottomano tra il 28 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912 per la conquista della Tripolitania e della Cirenaica, nella importante battaglia attorno al forte Hamidié il 6 novembre 1911 un parellese di adozione, Giovanni Ceresa, «assalito improvvisamente da una ventina di arabi in una stretta si difese eroicamente obbligando i nemici a ritirarsi», come recita il decreto reale del 22 marzo 1913 con cui gli fu assegnata la medaglia di bronzo.

“Grande Guerra” o “Prima guerra mondiale” fu chiamato il conflitto che vide scontrarsi due schieramenti di nazioni, da una parte gli Imperi Centrali (tra tutti l’Impero Tedesco e l’Impero Austro-Ungarico) e dall’altra l’alleanza chiamata Triplice Intesa (tra tutti Impero Russo , Regno Unito e Francia); il numero delle nazioni via via coinvolte fu tale da definire la guerra come mondiale, prima nella storia dell’umanità.

All’inizio l’Italia si dichiarò neutrale; in seguito il 24 maggio 1915 dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico. La guerra si concluse l’11 novembre 1918, quando la Germania firmò l’armistizio con le forze dell’Intesa, ma per l’Italia la data storica è quella del 4 novembre, l’armistizio con l’Austria. Il numero dei soldati italiani morti in guerra è stato di 650.000 ai quali si aggiungono 947.000 feriti, di cui molti rimasti invalidi totali o parziali.

 

I soldati parellesi morti furono:

  • Giovanni Tommaso Vernetto di Michele e di Richetta Maria; – morto il 2 agosto 1915 in Val Padola per ferite riportate in combattimento
  • Natale Vorbino – morto il 10-5-1916 sul Carso per ferite riportate in combattimento.
  • Luigi Ferretti di Giovanni e di Strobbia Maria – morto il 29 giugno 1916 per ferite riportate in combattimento
  • Savino Ferretti di Giuseppe e di Scala Margherita – morto il 10 giugno 1917
  • avv. Beppino Aluffi – morto il 26 novembre1917 nell’ospedaletto da campo n. 60 per ferite riportate in combattimento
  • Giuseppe Battista Ruffino di Giuseppe e di Zan Margherita; – morto il 30 novembre 1917 sul Piave per ferite riportate in combattimento
  • Giuseppe Guglielmetti di Giovanni e di Giordano Nicola Felicita; – disperso il 18 dicembre 1917 in combattimento sul monte Asolone.

Sono ricordati in un monumento funebre – il Parco della Rimembranza – allestito presso il Cimitero comunale.

La dittatura fascista

Nell’immediato dopoguerra si verificarono grandi ondate di scioperi e di occupazione delle terre e delle fabbriche; in molti casi gli operai presidiarono gli stabilimenti in armi. Per reazione il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò i Fasci di combattimento che nel 1921 diventarono partito politico con il pretesto di voler restaurare l’autorità dello stato.

  • 1922, 28 ottobre: con la Marcia su Roma il fascismo si impadronì del potere; il 31 ottobre Mussolini fu nominato presidente del Consiglio dei ministri.
  • 1925, 3 gennaio: discorso di Mussolini in cui sono annunciate le basi di un governo totalitario, alla cui difesa viene posta la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e viene affermato il principio della suprema autorità dello stato.

La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e contro il disordine economico successivo alla guerra ’15-18. Nel 1935 la conquista dell’Etiopia (o Abissinia) e la proclamazione dell’Impero segnò il momento culminante dell’adesione del popolo al fascismo.

Per “forgiare” la gioventù italiana secondo i “comandamenti” fascisti, fu fondata l’Opera Nazionale Balilla, un’organizzazione che comprendeva i Balilla (i maschi dagli 8 agli 11 anni, i Balilla moschettieri (dai 12 ai 13 anni), gli Avanguardisti (dai 14 ai 15 anni), gli Avanguardisti moschettieri (dai 16 ai 17 anni). Le femmine si dividevano, a loro volta, in Piccole Italiane (dagli 8 ai 14 anni) e Giovani Italiane (dai 15 ai 17 anni). I bambini e le bambine dai 6 agli 8 anni erano invece denominati Figli della lupa (in ricordo della lupa capitolina che secondo la leggenda aveva allattato Romolo e Remo, fondatori di Roma) ed erano costretti ad assumere atteggiamenti marziali superiori alle loro capacità. Per i giovani dai 18 ai 21 anni furono istituiti i Fasci giovanili, che insieme ai G.U.F. (Giovani Universitari Fascisti) dipendevano direttamente dal partito. Ogni categoria aveva una sua divisa caratteristica: per i maschi l’elemento comune era la camicia nera, ma anche per le donne predominava il nero.

Tutti i giovani dovevano svolgere nelle organizzazioni attività sportive e di ginnastica, ricreative ed assistenziali e frequentare corsi di economia domestica e ai maschi veniva impartita una prima educazione militare (il cosiddetto servizio premilitare) consistente soprattutto in esercitazioni in “ordine chiuso”, utili per le parate ma scarsamente efficaci come preparazione alla guerra.

E questo toccò anche ai giovani pedanesi, rigorosamente in divisa, al comando di istruttori spesso più prepotenti che competenti. La naturale incoscienza giovanile permetteva di accettare tutto senza sensi di ribellione pur senza creare (se non raramente) eccessivi sentimenti di eroismo e di patriottismo. A Parella la sede del Fascio della Pedanea fu inaugurata il 18 aprile 1926 nella casa che ora porta il numero civico 17 di via Roma.

Nel 1938 circa ci fu una mobilitazione eccezionale per la visita di Mussolini – il DUCE – ad Ivrea (e successivamente ad Aosta) alla quale parteciparono numerosissimi, volontari o comandati, da tutti i paesi circostanti tra i quali anche Parella.

Accanto alle personalità, podestà e funzionari di partito, spesso fascisti per opportunismo, ci furono anche persone modeste che si lasciarono conquistare dall’ideologia propugnata dal fascismo, alla quale furono coerenti sino al sacrificio della vita secondo lo slogan dello stesso Mussolini: “Chi non è pronto a morire per la sua fede non è degno di professarla”, che per anni, anche dopo la fine del fascismo, campeggiò sulla parete ovest della casa di via Provinciale 8 (ex-osteria Zan): ne è un esempio Giovanni Lagna, di cui parliamo in un’altra sezione.

Per quanto riguarda le conseguenze del fascismo sulla vita quotidiana dei parellesi ricordiamo alcuni eventi:

  • Con Regio Decreto del 28 febbraio 1929 i cinque comuni di Parella, Colleretto, Loranzè, Quagliuzzo e Strambinello furono raggruppati in un comune unico denominato Pedanea, con capoluogo Parella. Nel 1948 i cinque Comuni tornarono a dividersi ed ognuno riprese la sua antica autonomia.
  • L’estensione della provincia di Aosta fino a comprendere praticamente tutto il Canavese: la cosa creò qualche difficoltà per chi doveva avere rapporti con la sede della provincia, in quanto Torino era più agevolmente raggiungibile e fonte di maggiori possibilità di ogni genere.
  • Per ordine superiore in tutti i Comuni la via principale doveva portare la denominazione di via Roma, e pertanto il 4 ottobre 1931 la via San Michele di Parella cambiò la sua denominazione in via Roma come è ancora oggi.
  • l’abolizione delle elezioni sia amministrative che politiche e la nomina dall’alto di un podestà (naturalmente scelto fra gli aderenti al fascismo) in luogo del sindaco e dei consiglieri comunali, ciò che, se non altro, portava un vantaggio dal punto di vista della rapidità delle decisioni e dell’abolizione delle risse in seno ai Consigli comunali.

La guerra in Etiopia e la Seconda Guerra Mondiale

Nel 1935 l’Italia invase l’Etiopia (o Abissinia): la guerra iniziò il 2 ottobre 1935 e si concluse il 9 maggio 1936, con la proclamazione da parte di Mussolini dell’Impero. Anche alcuni giovani di Pedanea parteciparono all’impresa: di essi si ha un documento celebrativo realizzato dal governo “I conquistatori dell’Impero” in cui compaiono le fotografie di 19 pedanesi, oltre al ritratto di Giacomo Naretti che con tale conquista nulla ha da spartire. .

La Seconda Guerra Mondiale

La politica del fascismo portò alla partecipazione dell’Italia alla seconda guerra mondiale. Non ci soffermiamo sulle tormentate vicende di questa tragedia rimandando ai numerosissimi libri che trattano dell’argomento; ricordiamo soltanto alcune date fondamentali. Il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarò guerra alla Francia ed all’Inghilterra, a fianco della Germania; dopo tre anni di combattimenti per lo più sfortunati in varie contrade dell’Europa e dell’Africa, dalla Russia all’Etiopia, e dopo lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio del Fascismo sancì il crollo del fascismo stesso.

Mussolini venne arrestato e il governo venne assunto dal gen. Badoglio. La grande maggioranza degli italiani si proclamò vittima del regime e festeggiò. L’8 settembre 1943 Badoglio annunziò pubblicamente l’armistizio con Francia, Inghilterra e Stati Uniti e il Re fuggì al sud nella parte d’Italia liberata (o occupata, a seconda dei punti di vista) dalle truppe alleate anglo-americane; l’esercito italiano, abbandonato a se stesso, andò allo sbando. Nella parte d’Italia non ancora occupata dalle truppe alleate si instaurò la cosiddetta Repubblica Sociale Italiana, più nota come repubblica di Salò, e per contro nacque un forte movimento antifascista che va sotto la denominazione di Resistenza e fra l’autunno del 1943 e l’aprile del 1945 si combatté una guerra civile fra le opposte fazioni. Il 28 aprile 1945 Mussolini, in fuga, venne catturato e fucilato presso Dongo (lago di Como) per ordine del Comitato di Liberazione Alta Italia. Il 7 maggio 1945 i tedeschi firmarono la resa incondizionata di tutte le forze tedesche agli Alleati.

Tutta la popolazione fu coinvolta nella guerra, sia a causa dei bombardamenti aerei sulle principali città e su obiettivi strategici, sia per la penuria dei principali prodotti alimentari che furono contingentati e razionati tramite un tesseramento collettivo: pane, pasta, olio, zucchero, sapone, sale, tabacco, ecc. I bombardamenti portarono nei paesi gli sfollati: qui vennero prevalentemente da Torino, città che subì pesantissimi attacchi aerei a causa delle sue industrie strategiche.

Molti giovani furono chiamati a prestare il servizio militare: anche di questo abbiamo un documento con il nominativo, l’anno di nascita e la fotografia di 44 giovani di Parella e di Strambinello coinvolti nella tragica avventura. Un fatto che potrebbe sembrare marginale, ma che per alcune ragazze parellesi segnò una svolta definitiva della loro vita: nell’autunno-inverno 1939-1940 la Compagnia comando del 13° Reggimento Artiglieria alpina fu alloggiata nei nostri paesi in previsione del futuro attacco alla Francia. Questi ragazzi, quasi tutti originari del Lombardo-Veneto, partirono da Parella per il fronte francese cantando “Non ti potrò scordare, piemontesina bella”, ed alcuni a Parella lasciarono il cuore e tornarono a sposarsi.

La Resistenza

La Resistenza a Parella non segnò episodi clamorosi, ma anche qui si costituì, per iniziativa di Giulio Nicola Giordano (Cino Giordano, sotto il nome di guerra di Fabiano), un Comitato di Liberazione Nazionale locale ed un nucleo di Squadre di Azione Patriottica (SAP), al quale parteciparono con entusiasmo tutti i giovani parellesi poco più o poco meno che ventenni.

Il secondo dopoguerra

Parella ha onorato i suoi figli caduti in guerra erigendo davanti al cimitero un Parco della Rimembranza  e in piazza del municipio il monumento ai caduti; accanto a questo il cippo dedicato a Giovanni Lagna realizzato dallo scultore prof. Luigi Aghemo di Pinerolo su incarico dell’Associazione Combattenti e Reduci di Parella e inaugurato il 29 giugno del 1969.

Dal 1948 ad oggi Parella è tornato un comune indipendente ma negli ultimi decenni ha cominciato a farsi sentire la necessità di associarsi con altri comuni per mantenere e possibilmente migliorare il livello di determinati servizi (vedi scuole, servizi sociali, protezione civile, vigilanza, …) e nel 2011 è stata costituita l’Unione Terre del Chiusella che raggruppa i comuni di Colleretto Giacosa, Parella, Quagliuzzo e Strambinello, sarà il primo passo di un ritorno al passato?